Il progetto “Multi-sectoral support for vulnerable mobile populations and communities in Libya” di OIM vede un investimento progressivo sul programma di Ritorno Umanitario Volontario sulle basi del supporto alle autorità libiche e al sistema di contenimento.
Di Lorenzo Figoni
X, @IOM_Libya, 15 dicembre 2023
Dal 2017 ad oggi l’Italia ha finanziato – attraverso il Fondo Migrazioni (ex Fondo Africa) – interventi in Libia per oltre 56,5 milioni di euro[1], le cui priorità sono costituite da interventi di assistenza tecnica alle autorità locali; rimpatri volontari assistiti; interventi di sviluppo delle comunità di accoglienza e di origine dei migranti; campagne informative; interventi di assistenza alle comunità locali, ai rifugiati e agli sfollati e ai migranti vulnerabili[2].
Il 2 luglio del 2021 la Direzione Generale per gli Italiani all’estero e le politiche migratorie (DGIT) del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI) ha stipulato un accordo con l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) con il quale si impegna a finanziare un intervento denominato “Multi-sectoral support for mobile vulnerable populations and communities in Libya” per un ammontare di 4 milioni di euro.
L’obiettivo principale dell’intervento consisterebbe nel “contribuire a rafforzare la resilienza e ridurre le vulnerabilità di migranti, IDPs[3], returnees e comunità ospitanti in Libia”. Un progetto che nel corso degli ultimi tre anni ha ricevuto due ulteriori finanziamenti e diverse rimodulazioni delle attività progettuali. L’intervento prevede un approccio multi-settoriale: numerose sono infatti le attività legate alla comunità di destinazione e alla protezione, particolare attenzione è data alle attività di supporto alle autorità libiche all’interno dei centri di detenzione e nelle operazioni SAR[4], arrivando – soprattutto nell’ultima fase – a impegnarsi sempre di più sul vero “core business”[5] di OIM: il Ritorno Volontario Assistito.
Il progetto conta, ad oggi, un totale di 16 milioni di euro.
Il supporto alla cosiddetta Guardia Costiera Libica
All’interno dell’elenco di attività che prevede workshop, interventi di miglioramento della comunità e campagne di vaccinazione, un ruolo decisamente più controverso è quello che vede OIM collaborare con le autorità libiche coinvolte nelle operazioni SAR. La cosiddetta Guardia Costiera Libica (LCG) è ormai da tempo tristemente nota per una gestione violenta e pericolosa delle intercettazioni in mare: speronamenti, minacce e utilizzo di armi sono solo alcune delle modalità documentate di gestione delle intercettazioni[6]. Già nella prima fase del progetto si parla di corsi di formazione diretti alla LCG e alla General Administration for Coastal Security (GACS). L’intenzione esplicitata è quella di fornire formazione ad almeno 70 ufficiali libici attraverso quattro corsi. I primi due sarebbero tenuti con un generico focus sul tema dei diritti umani e su “come fornire assistenza umanitaria ai migranti durante le operazioni SAR, senza discriminazioni”. Gli altri si indirizzano al primo soccorso, materiale e psicologico, e sono destinati genericamente al personale coinvolto nelle operazioni SAR.
Durante la seconda fase, iniziata nel 2022 con un ulteriore finanziamento di 8,5 milioni di euro, è aumentata sensibilmente la collaborazione con le autorità libiche in tema di gestione dei confini. Dalla documentazione progettuale si può leggere infatti un posizionamento ben chiaro rispetto ai binari su cui si muove l’intervento dell’organizzazione, per la quale “la messa in sicurezza dei confini è una delle condizioni chiave per il ripristino della sicurezza, per frenare il terrorismo e la criminalità organizzata, allo stesso tempo per gestire i flussi migratori e fermare i traffici attraverso i confini internazionali”[7]. Sulla base di queste premesse, OIM si propone nuovamente di fornire alle autorità libiche addestramento ed equipaggiamenti finalizzati all’assistenza salvavita, al primo soccorso, a non meglio specificate misure di sicurezza SAR e così via. Le formazioni proposte includerebbero altresì corsi di lingua inglese e francese, corsi sulla gestione dei cadaveri, corsi destinati ad aumentare le “IT skills” delle autorità libiche al fine di migliorare la registrazione dei migranti, corsi legati a una gestione umanitaria dei confini[8], al contrasto al traffico di migranti e tecniche di intervista delle persone migranti.
Nel 2018 e nel 2020 sarebbero stati svolti due Human Rights Due Diligence Policy (HRDDP) assessments riguardanti, nello specifico, quelle che OIM ha indica nella documentazione come “due guardie costiere in Libia”, di cui non è dato avere alcun riferimento. Purtroppo infatti, nella trasmissione della documentazione progettuale a seguito di accesso civico generalizzato, OIM ha ritenuto di oscurare tali elementi identificativi: “[omissis] (LCG) da [omissis] da [omissis]”[9].
L’obiettivo dichiarato di questi assessments è di analizzare “il rischio per OIM nella collaborazione con queste due entità”, a seguito del quale sarebbero state proposte “misure di mitigazione a riguardo”. Le misure di mitigazione del rischio verrebbero inoltre incorporate nelle attività di formazione sui diritti umani e sulla protezione dei migranti indirizzate a tutti gli attori libici, ai quali verrebbe richiesto inoltre “un accesso senza ostacoli alle popolazioni beneficiarie e alle località individuate per l’attuazione del progetto”. Infine, il supporto si concretizza anche nella fornitura di “equipaggiamento base alle autorità per consentirgli di adempiere ai propri doveri nel campo dell’esame dei documenti, della gestione dei confini e delle operazioni SAR nel deserto e nel mare. Potrebbe includere PEPM equipment (Passport Examination Procedure Manual), IT equipment come laptops, tablets, software necessari, così come equipaggiamento da usare nelle operazioni di salvataggio, in linea con le raccomandazioni HRDDP”.
Attraverso questo supporto materiale alle cosiddette guardie costiere libiche si configura un vero e proprio ruolo operativo dell’Organizzazione nel sistema di contenimento[11], che non costituisce però una novità: infatti questo tipo di supporto viene offerto già dal 2016 a partire dal progetto Sea And Desert Migration Management for Libyan Authorities to Rescue Migrants (SEA DEMM)[12]. La partecipazione di OIM alla formazione della LCG viene quindi costantemente riproposta e rifinanziata dall’Italia da diverso tempo: non solo nell’ambito della famosa missione militare di addestramento, ma anche attraverso i diversi progetti affidati alle organizzazioni internazionali.
Attività nei centri di detenzione
Il supporto fornito da OIM nell’ambito del progetto non si ferma alle autorità coinvolte nelle operazioni SAR. Si riscontrano infatti diverse attività svolte nei centri di detenzione per migranti, dove da anni sono documentati lavori forzati, stupri e torture. Come evidenziato dall’Onu[13] nei centri gestiti dal Directorate for Combating Illegal Migration (DCIM) i migranti detenuti continuano ad essere lasciati senza forme di protezione legale e umanitaria, non viene concesso l’accesso alle ispezioni amministrative e giudiziali e ai monitoraggi umanitari indipendenti.
Le criticità che individua OIM all’interno della project proposal e su cui decide di intervenire sono però principalmente le seguenti: “Le condizioni legate all’affollamento, alla scarsa igiene personale e ambientale, alle ricorrenti epidemie di scabbia e presenza di insetti rendono necessario continuare a fornire articoli per il sonno e biancheria, abbigliamento stagionale, oltre a forniture per l’igiene personale”[14]. Una delle risposte dell’organizzazione si concretizza dunque nella fornitura di Non-Food-Items (NFIs)[15]. I dati OIM a supporto dell’attività svolta attraverso il progetto parlano peraltro di 3000/4000 persone transitanti dai centri di detenzione libici ogni mese, a fronte delle quali “OIM supporterà approssimativamente 2000 migranti in detenzione con la fornitura di NFIs”[16].
Durante la seconda fase viene inoltre evidenziata l’intenzione di continuare a “condurre regolari fumigazioni, pulizie, sterilizzazioni e disinfezioni nei punti di sbarco, nelle navi utilizzate per le operazioni di ricerca e soccorso, nei rifugi urbani e nei centri di detenzione”[17]. Inoltre vengono realizzati workshops e sessioni di sensibilizzazione per le autorità locali e gli altri stakeholders, concentrandosi sugli interventi umanitari di OIM e sul meccanismo di coordinamento. Queste ultime attività si rendono necessarie poiché “basandosi sulle precedenti esperienze, il team di OIM continua ad affrontare difficoltà nel raggiungere le persone migranti, a raccogliere i dati necessari e a provvedere all’assistenza necessaria specialmente durante le situazioni di emergenza”[18].
Nonostante tali difficoltà, secondo la documentazione progettuale verrebbero previste attività di “protection assistance” all’interno dei centri, quali screening al fine di rilevare le vulnerabilità, monitoraggio, advocacy per il rilascio e referral. Obiettivo di OIM sarebbe lavorare, attraverso il team in loco, per il rilascio di migranti con specifiche vulnerabilità: vittime di traffico e minori non accompagnati, sopravvissuti a tortura e sfruttamento, donne incinte o in allattamento, persone anziane e così via. Se il lavoro di pressione e negoziazione con le autorità libiche e le milizie presenti nei centri si dovesse rivelare efficace, allora le persone verranno prese in carico attraverso gli strumenti delle cosiddette “Alternative Alla Detenzione” di OIM, le quali consisterebbero in “rifugi sicuri”, “famiglie ospitanti” e, ovviamente, il Rimpatrio Volontario Assistito)[19].
Le altre attività, lo YESS
Altre attività di progetto consistono in una generica assistenza “multi-settoriale” ai migranti, la quale comprenderebbe l’informazione e la sensibilizzazione: “i migranti verranno informati sui rischi incontrati durante la migrazione irregolare mentre verrà aumentata la consapevolezza riguardante i canali delle migrazioni, il supporto al VHR e le ulteriori opzioni alternative”. L’assistenza sanitaria ai migranti nelle aree urbane vicino tripoli attraverso una clinica mobile, oppure la “fornitura di un pacchetto di assistenza al ritorno per i returnees a Misurata”, nel quale si specifica che “il ritorno degli IDPs nel loro luogo di origine nella municipalità di [omissis] dai diversi campi presenti a Tripoli è una delle priorità chiave del nuovo governo, il quale ha richiesto alle organizzazioni umanitarie e di cooperazione di fornire assistenza con i ritorni. […] Il progetto quindi aiuterà un totale di 500 nuclei familiari con la fornitura di articoli casalinghi come parte del pacchetto di ritorno per contribuire al ritorno e agli sforzi di reintegrazione”. Un’altra componente inserita, grazie all’approccio “multi-settoriale”, consiste nella realizzazione di uno Youth Employment One Stop Shop (YESS): un centro di comunità volto alla formazione sia dei migranti che dei libici, attraverso corsi personalizzati che provveda alle necessità di ognuno: “Saranno offerti pacchetti di formazione personalizzati per potenziare le competenze dei giovani su vari argomenti, come l’etichetta aziendale, le abilità comunicative, il lavoro in contesti diversificati/interculturali, la capacità di risolvere problemi e la gestione del tempo”. L’approccio multi-settoriale porta sicuramente, quindi, interventi molto diversi tra loro corrispondenti ad outcome progettuali tra i più disparati. Resta però necessariamente a margine in un paese che da anni vede continui trattamenti inumani e degradanti verso le persone migranti a cui viene lasciata una sola scelta.
Rimpatrio Volontario Assistito
Diverse attività legate al Rimpatrio Volontario Assistito sono presenti in tutte e tre le fasi di progetto, ma la concentrazione maggiore si può riscontrare nella terza fase, ad oggi ultima, in cui scompare il supporto alle autorità libiche nelle operazioni SAR e nei centri di detenzione, resta la componente legata alla creazione di opportunità per l’impiego, ma l’investimento maggiore è sul cosiddetto “Rimpatrio Volontario Umanitario” (VHR).
Si tratta di una tipologia specifica di Rimpatrio Volontario Assistito, lanciata da OIM nel 2015 e costruita appositamente per il modello libico attraverso l’integrazione di una componente di “protezione umanitaria”. In sostanza si adotta un’attenzione particolare a minori e persone in condizioni di particolare vulnerabilità[21], rivolta però a una platea di beneficiari ben precisa.
Difatti, “il programma VHR supporta migranti salvati in mare, detenuti nei centri di detenzione o bloccati in Libia nel ritornare volontariamente nei propri paesi di origine e fornisce una reintegrazione socioeconomia quando necessaria”[22].
Il Rimpatrio Volontario Umanitario si presenta quindi come l’ultima (e fondamentalmente l’unica) soluzione dopo le intercettazioni violente da parte della LCG, dopo un tempo indeterminato e senza tutele nei lager libici. Una volta presa la decisione di partire, quanto può essere realmente volontaria la decisione di tornare indietro se sottoposti a un sistema di intercettazione e contenimento come quello libico? OIM stessa, nella presentazione del contesto fornita all’interno della documentazione relativa alla terza fase, evidenzia come “Molti migranti bloccati, vulnerabili e/o detenuti trovano le condizioni in Libia così precarie, soffrendo di condizioni di vita disumane e al di sotto degli standard, oltre a violazioni dei diritti umani, desiderano tornare e usufruire della possibilità di ritornare nel loro paese d’origine”[24].
Il supporto alle autorità libiche da parte di OIM viene inquadrato in una cornice umanitaria, la quale ha la funzione di depoliticizzare interventi dalle conseguenze tutt’altro che irrilevanti sul piano politico. L’evoluzione del progetto verso la componente prioritaria di Ritorno Volontario Assistito – qualificato anch’esso in Libia come “umanitario” – si inserisce in un percorso di supporto proprio in quei luoghi e in quelle operazioni più caratterizzate dalle documentate violazioni dei diritti umani, ponendo le basi sul territorio per riuscire a realizzare l’unica forma accettabile di rimpatrio dalla libia. Implementando in questo modo per l’Italia non progetti, ma politiche di sostanziale blocco dei flussi migratori verso il continente europeo.
Il Ritorno Volontario Assistito, soprattutto in Libia, configura quindi un rimpatrio vero e proprio basato su tre fasi: intercettazione in mare, detenzione nei lager libici, ritorno “volontario” come ultima chance. Un vero e proprio imbuto dell’esternalizzazione dei confini, le cui pareti vengono oliate dalle organizzazioni internazionali come OIM su mandato dell’Italia e dell’Unione Europea.
Evoluzione degli Outcome di progetto nelle tre fasi:
[1] Elaborazione dell’osservatorio The Big Wall, ActionAid. www.thebigwall.org
[2] Atto di indirizzo Fondo Migrazioni, 2023.
[3] Internally Displaces Persons.
[4] Search And Rescue.
[5] IOM and “Assisted Voluntary Return” – Responsibility for Disguised Deportations? Jean Pierre Gauci, in “IOM Unbound? Obligations and Accountability for the International Organization for Migration in an Era of Expansion, Cambridge University Press, 2023 (DOI 10.1017/9781009184175).
[6] Beyond Borders, beyond boundaries – A critical analysis of EU financial Support for Border Control in Tunisia and Libya. Estela Casajuana, Giorgia Pintus, 2023.
[7] OIM Project Proposal, Multi-sectoral support for vulnerable mobile populations in Libya – Phase II, p. 16.
[8] Humanitarian Border Management
[9] OIM Project Proposal, Multi-sectoral support for vulnerable mobile populations in Libya – Phase II, p. 17.
[10] Ibidem
[11] IOM’s Immigration Detention Practices and Policies – Human Rights, Positive Obligations and Humanitarian Duties. Angela Sherwood, Isabelle Lemay, Cathryn Costello, in “IOM Unbound? Obligations and Accountability for the International Organization for Migration in an Era of Expansion, Cambridge University Press, 2023 (DOI 10.1017/9781009184175).
[12] IOM, EU Train Libyan Mediterranean Migrant Rescuers, 2017.
[13] Final report of the Panel of Experts established pursuant to resolution 1973 (2011) concerning Libya, p. 22.
[14] OIM Project Proposal, Multi-sectoral support for vulnerable mobile populations in Libya – Phase I, p.7.
[15] I quali, sottolinea, potrebbero consistere in “materassi, abbigliamento (tute da ginnastica, magliette, pantaloni, biancheria intima, calze e sandali), coperte o kit igienici (secchio da 20 litri, pettine per i capelli, brocca per l’abluzione, tagliaunghie, spazzolino da denti (adulto), spazzolino da denti (bambino), asciugamano piccolo, asciugamano grande, dentifricio (adulto), dentifricio (bambino), sapone, shampoo, salviette umidificate, unguento per bambini, spugna, detersivo per il bucato/polvere per lavare, detersivo per i piatti, spugna per i piatti, crema da barba, rasoi, assorbenti igienici)”.
[16] OIM Project Proposal, Multi-sectoral support for vulnerable mobile populations in Libya – Phase I, p.7.
[17] OIM Project Proposal, Multi-sectoral support for vulnerable mobile populations in Libya – Phase II, p.10.
[18] Ibidem
[19] Ibidem
[20] YESS 2nd anniversary 2024, IOM Libya, 1 febbraio 2024 (Facebook)
[21] Voluntary Humanitarian Return
[22] OIM Project Proposal, Multi-sectoral support for vulnerable mobile populations in Libya – Phase III, p.7
[23] Elaborazione dell’osservatorio The Big Wall, ActionAid, a partire dalla documentazione progettuale.
[24] OIM Project Proposal, Multi-sectoral support for vulnerable mobile populations in Libya – Phase III, p.2